dalla Provincia di Perugia

FILARMONICA VERDI DI SPINA. L'ANNO VERDIANO

Stefano Ragni - Presidente L'Amico dei Musicisti Club


SPINA, storico borgo situato tra Perugia e Marsciano.
Faustino Miseria, che sfiora quasi novant'anni è il portatore del labaro, ma, con antica dizione lo si chiama il "bidello". Sfila ancora in testa alla Filarmonica Giuseppe Verdi di Spina, fondata nel 1882, quando il maestro padano stava rielaborando la nuova versione del Simon Boccanegra. Un'antichità a tutta prova, dunque, per un complesso bandistico che in una cittadina di 900 anime esprime una cinquantina di strumentisti, ha una Junior band e si appresta a presentare il nucleo delle majorettes. Una vita non facile per una banda che, nel comprensorio marscianese, ha più di un ingombrante vicino: tanto che negli anni '70, per evitare la crisi, si dovette ricorrere all' Associazione Polisportiva per garantirne la sopravvivenza.
Oggi, con Stefano Bardani come presidente e Giuliano Lanti come vice, la Filarmonica entra con orgoglio nell'anno verdiano, ricordando che nel 2001, anno commemorativo della morte del maestro, suonarono a Busseto. L'attuale direttore della Verdi è Andrea Cavallucci, un saxofonista che iniziò a sette anni a suonare lo strumento proprio in questa banda. Oggi, alla direzione della Junior lo affianca Fabio Lombrici, anche lui saxofonista diplomato al Conservatorio Morlacchi di Perugia.
Sfogliare il libro cassa del 1927, unico documento di archivio rimasto, è ovviamente ripercorrere un pezzetto di storia di un piccolo nucleo urbano che, fiero della sua cinta muraria medievale, ha ancora una sua tipicità e individualità.
Appartengono alle cronache musicali umbre anche i maestri storici della Verdi: Vincenzo Paoletti, oggi novantunenne l'ha diretta dal 1955 al '74, ma nel '925 c'era il mitico Mariano Bartolucci, seguito nel '30 da Benedetti. Pietro Franceschini la diresse dopo la seconda guerra, seguito da Patrizio Bicini.
Il "bidello" chiavi in mano, apre un ripostiglio dove, in un baule, sono conservati alcuni strumenti storici della Filarmonica, tra cui un rarissimo genis in mi bemolle: ovviamente sono tutti di casa Belati, lo stabilimento musicale perugino che dal 1900 forniva manufatti a metà delle bande italiane. Tra tradizione e innovazione dunque la Filarmonica Verdi entra nello spirito del bicentenario piena di voglia di mostrare la sua vitalità e il suo attaccamento al nome illustre.



Una riflessione di Stefano Ragni Presidente

Vecchi strumenti ossidati che emergono da una cassa. Li tira fuori il "bidello" Miseria, in realtà il porta-labaro della banda di Spina. Anzi, della Filarmonica Giuseppe Verdi, perché in queste quattro casse che ancora sono circondate dalle mura medievali, con le torrette cilindriche, c'è l'orgoglio di avere una banda civica, un complesso che è nato quando Verdi metteva mano ai rifacimenti del Simon Boccanegra, l'opera "di popolo" dove squilla, in profetica sintesi immaginifica, l'esortazione all'unità d'Italia cantata da Petrarca.
Sono passati molti anni da allora, ma in questi oricalchi ingrigiti si legge ancora la targhetta della casa costruttrice: ed è la "Tito Belati" di Perugia, un nome che sa di giustizia e di eguaglianza. Tito, l'imperatore romano della madre che cerca la soddisfazione , la delizia del genere umano. Chi portava questo nome, un figlio di possidente della collina che da Perugia porta verso Marsciano, uno dei luoghi più panoramici e ubertosi del comprensorio umbro, col sole che al mattino e al pomeriggio lambisce coste che aspettano solo di sudare un vino corposo e generoso, aveva scelto come mestiere la musica. E con la musica avrebbe testimoniato la sua appartenenza alla prima generazione della Nuova Italia, quella dei figli dell'annessione e della nascita di un paese unitario.
Cercheremo ancora e catalogheremo con premura questi strumenti Belati che sono sparsi ovunque, non solo nel nostro paese. I figli dell'emigrazione infatti li portarono con sé nelle lunghe traversate oceaniche, quando si fuggiva la fame e si cercava un futuro migliore.
Per ora questo cassone di Spina, conservato nella sede dalla Polisportiva, l'istituzione che ha salvato la Filarmonica dallo scioglimento, ci offre questi strumenti che per noi sono preziosi come reperti di museo. Setacceremo ancora per trovarne altri, perché la storia della Belati è la nostra storia, una vicenda che sa di lavoro, di dedizione, di spirito imprenditoriale, di sacrificio e di soddisfazioni.
Un percorso umano che ha il sapore dell'umiltà del quotidiano, che è forse il vero valore di una vita giusta ed equanime.
Disegni tratti da un
vecchio Catalogo
dello Stabilimento Belati


Genis Mi - verticale


Genis Mi - orizzontale o Tromboncino Mi


Genis in Mi forma corno


Note dal Catalogo



Torna all'inizio