Claudio Belati, un ragazzo del '99




dagli incontri per celebrare il
Centenario della Grande Guerra
Università per Stranieri di Perugia
Tutto inizia all’Università per Stranieri di Perugia con gli Incontri lanciati dal pianista e musicologo Prof. Stefano Ragni per raccontare i più significativi passaggi della storia e della cultura italiana agli studenti ed ai concittadini. L’uso della musica quale lingua universale consente ai giovani strumentisti e cantanti coinvolti, provenienti dai diversi paesi del mondo, di sentirsi partecipi e protagonisti del racconto.
L’approssimarsi del bicentenario della nascita di Giuseppe Verdi è l’occasione, che si presenta nel 2012, per coinvolgere, accanto all’Università per Stranieri, il perugino Archivio Storico Tito Belati e l’ANBIMA, associazione delle bande musicali italiane, in un percorso che, attraverso le grandi celebrazioni nazionali, sia capace di intrecciare il passato, il presente, il futuro della nostra creatività legando alla storia il melodramma e la musica popolare tradizionale bandistica. Nasce così il Progetto Le musiche di Giuseppe Verdi e le bande musicali per l’Italia unita, che ora prosegue con il Progetto La Grande Guerra. Suona la banda.
L’Incontro che presentiamo anticipa le celebrazioni sull’entrata in guerra dell’Italia nel 1915 e presenta un memoriale, magistralmente letto dal Prof. Gianfranco Bogliari, dedicato ad un giovane musicista perugino, un ragazzo del ’99, che ha attraversato la Grande Guerra per tornare a scrivere pagine di impegno culturale ed imprenditoriale per la sua città natale, Perugia, e per il mondo bandistico italiano.




Li hanno chiamati “I ragazzi del ‘99”, i giovani volontari studenti della classe 1899 che a 16 anni hanno abbandonato la scuola e sono partiti per andare a combattere, in tutte le armi, contribuendo con il loro valore ed il loro sacrificio al completamento del sogno risorgimentale dell’unità d’Italia riportando i territori del nord-est sotto al tricolore. Ed ai volontari si sono poi aggiunti, nel 1917, i coscritti; anche loro sono entrati nella storia come i “ragazzi del ‘99” e con il loro eroismo, spesso oscuro, sono arrivati al “fronte” in momenti particolarmente difficili per risollevare le sorti del nostro esercito.

Uno dei volontari, Claudio Belati, era un promettente musicista, un giovane allievo dell’Istituto Musicale Morlacchi di Perugia, con una innata predisposizione nelle varie espressioni dell’arte, anche quelle che stavano nascendo con l’utilizzo delle nuove tecnologie.

Parte da Perugia per combattere gli austriaci contro il volere del padre Tito, inventore dell’omonimo Stabilimento Musicale di musica per banda che guardava con le sue vetrine il Palazzo del Governo, che sperava in una guerra più breve tale da non coinvolgere il suo unico figlio ed erede, e salutando in gran segreto la madre, altera signora piemontese della Savoia che in quegli anni si era separata giudizialmente dal marito Tito assurgendo ai clamori della cronaca locale.
La sua destinazione sono le Alpi ove operano i reggimenti di artiglieria da montagna, con i loro piccoli cannoni da 75 mm. trasportati a dorso di mulo verso le battaglie; il violino e la musica sono rimasti a casa. Il compito degli artiglieri è semplice ed intuitivo: dare adeguata copertura di fuoco per liberare gli spazi vitali per le avanzate dei fanti e delle truppe d’assalto durante le azioni di guerra. Gli addetti ai pezzi regolano il loro tiro seguendo “i segnalatori”, ossia dei soldati posti ai lati dello schieramento che indossano sulla schiena appositi contrassegni identificativi. Ma questi uomini coraggiosi sono, sovente, i primi a morire con la conseguenza pratica che gli artiglieri rimangono senza punti di riferimento e seguitano a sparare senza allungare il tiro, colpendo i soldati italiani con il così detto “fuoco amico”. A un volontario studente tutto ciò sembra ingiusto e .. poco umano, ne parla ai superiori e, dopo un periodo di discussioni, viene tolto dai pezzi d’artiglieria per essere assegnato alla guardia alla “polveriera” del Reggimento: otto e più ore immobili in mezzo alla neve tenendo il mento appoggiato alla baionetta per non addormentarsi e poter sempre rispondere alle ispezioni notturne, le più pericolose. Dopo qualche mese, una mattina il mulo lo riporta in branda con le gambe congelate. Tutto va per il meglio e la lunga convalescenza sta per concludersi all’Ospedale Militare di Santa Giuliana a Perugia; siamo nel 1918 e la Guerra sta finendo, ma anche a Perugia scoppia l’epidemia di “spagnola”, una influenza letale che porta i civili meno abbienti a riempire l’Ospedale Militare per ricevere assistenza sanitaria ed i soldati, e tra questi Claudio, diventano prontamente degli infermieri a rischio contagio.

La Prima Guerra Mondiale è terminata, l’Italia ha vinto ed i confini nazionali ora comprendono i territori ancora mancanti.
Ma non tutti i “Ragazzi del ‘99” tornano subito a casa. Uno di questi, Claudio Belati, è destinato alla guarnigione dell’isola di Rodi per fornire, insieme ai Carabinieri, il necessario supporto al Corpo di Spedizione italiana per l’occupazione dell’Anatolia, territori dove si indirizzano le aspirazioni espansionistiche della Grecia confermando le tradizioni elleniche della Guerra di Troia.
Così, alla fine dell’anno 1918 Claudio Belati si imbarca, con la sua foto-camera, su una nave della Regia Marina e sbarca nell’isola di Rodi: un territorio ricchissimo di storia e di bellezze naturali che lo affascina e gli consente di fissare su pellicola una storia di costume e di presenza di civiltà diverse. Ma non tutto è così idilliaco a Rodi, tra uno scatto e l’altro occorre difendersi dai greci e dai turchi che non sono secondi a nessuno nell’uso del coltello e molti sono i commilitoni che non potranno rivedere l’Italia.
Una testimonianza inedita, riscoperta aprendo un album fotografico con la copertina dipinta a mano, in stile liberty, come si conviene ad una raccolta di immagini del primo novecento. E le immagini testimoniano le capacità artistiche del giovane musicista con inquadrature di grande sensibilità nello sposare sempre le figure con il patrimonio storico e paesaggistico.


Al rientro dalla missione all’Isola di Rodi il giovane “ragazzo del ’99” Claudio Belati viene congedato con il grado di Caporal maggiore e può tornare alla vita civile, ai suoi studi al Conservatorio ed al suo amato violino.
Roma è la città che predilige per passare le vacanze estive, anche perché non mancano le passeggiate al mare di Sabaudia con i parenti ed i loro amici. Proprio a Roma conosce una ragazza che, rapidamente, diventerà sua moglie.
La fidanzata ha una storia famigliare un po’ particolare e molto collegata ai percorsi dell’unità d’Italia. Infatti ha: un avo siciliano, Francesco Paolo Barocchiere, che è stato uno dei primi carbonari fucilato a Palermo dai Borboni a seguito della fallita rivolta del 1 settembre 1831; un avo romano, ciabattino a Via Frattina, divenuto famoso nel quartiere per aver confezionato un paio di stivali a Giuseppe Garibaldi durante la Repubblica romana nel 1849.
L’arrivo a Roma del feretro del Milite Ignoto viene vissuto dai due giovani con particolare intensità, tanto che Claudio non può mancare alla cerimonia di tumulazione nell’Altare della Patria; è pur sempre un suo commilitone che ha combattuto come lui, ma è stato meno fortunato. E il cuore d’artista del giovane musicista prende il sopravvento per commemorare questo soldato in una forma meno ufficiale e più partecipata: immagina quindi che, come è avvenuto a lui durante la prima visita a Roma, il suo compagno voglia incontrare la sua nuova città, nella quale dovrà rimanere per tanto, tanto tempo.
Quale occasione migliore per passeggiare simbolicamente insieme lungo un percorso che, almeno nella mente di Claudio, rappresenti la romanità più genuina? Partendo da Piazza Venezia, e non potrebbe essere diversamente, si affronta la Salita del Grillo per conoscere la storia popolare nel quartiere dei negozi di carbone; poi si riscende su Piazza di Spagna per andare ad una sosta ai giardini del Pincio, dove il romanticismo è di casa; Piazza del Popolo e Piazzale Flaminio per arrivare a Ponte Milvio, un simbolo dell’antica Roma. Seguendo il Tevere ci si avvia verso San Pietro dove una preghiera non può mancare. Ed infine il ritorno all’Altare della Patria, dopo aver curiosato intorno al Campidoglio.
La passione di Claudio per la fotografia torna ad esprimersi e la passeggiata viene fissata attraverso una carrellata di foto, su lastre di vetro e scattate con una lucidissima fotocamera streoscopica di ultima generazione, che ci mostrano una Roma in bianco e nero, ma in 3D.
Una storia forse banale, ma è il ricordo che Claudio Belati sente di esprimere sulla sua partecipazione alla Grande Guerra: una sintesi degli inverni alpini in trincea e dell’estate a Rodi, il modesto contributo di un ragazzo alla storia patria.

Claudio Belati ci ha lasciato di quel periodo, che conclude le guerre per l’Italia unita, queste due inedite testimonianze storiche ed artistiche, quelle che oggi si chiamano servizi di documentazione fotografica e che sono ora recuperate dall’Archivio Storico Tito Belati per renderle pubbliche in occasione delle Celebrazioni del centenario della Prima Guerra Mondiale.
Ma perché queste immagini interessano anche il mondo della musica ed in particolare quello bandistico? Perché Claudio Belati finita la guerra e terminati gli studi di violino al Conservatorio di Pesaro, abbandona una promettente carriera concertistica per dedicarsi alla musica bandistica con lo Stabilimento Musicale Tito Belati, portando alla banda il suo grande amore per la musica classica e per il melodramma. E questo amore lo riversa anche nei confronti delle altre iniziative della sua città, sempre e comunque in difesa della musica e della cultura.

Ed in sintesi, con lo stesso spirito con cui a 16 anni è partito per la guerra, a 28 è direttore del periodico musicale L’Amico dei Musicisti, a 34 è direttore dell’Istituto Musicale Morlacchi di Perugia che rivoluziona per avviarlo al “pareggiamento” con gli Istituti statali, a 38 partecipa alla nascita della Sagra Musicale Umbra. Impegni che prosegue nel secondo dopoguerra in stretto raccordo con il Maestro Francesco Siciliani.



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