E’ il 1862, l’Italia si è riunificata l’anno precedente, quando Giuseppe Verdi compone L’Inno delle Nazioni su invito del Comitato organizzatore dell’Esposizione Universale di Londra. Con una geniale intuizione, frutto senza dubbio anche del suo impegno per le libertà dei popoli e per il Risorgimento italiano, vi inserisce due temi musicali rivoluzionari ed emblematici: la Marsigliese e Fratelli d’Italia, i due canti che possono senza dubbio meglio simboleggiare la moderna visione della Nuova Europa.
La musica, come spesso avviene, si pone quale antesignana delle aspirazioni popolari: l’Europa unita, infatti, inizia il suo lungo percorso solo un secolo più tardi, dopo ben due Guerre mondiali ed appena gli Stati si sono liberati dai poteri assoluti che li dominavano.
Verdi arriva a comporre l’Inno delle Nazioni dopo aver scritto nelle sue opere la "musica" che il popolo in lotta per l’indipendenza aveva adottato spontaneamente come "canto di guerra".
Lo ricorda anche il musicista e musicologo Amintore Galli in un suo articolo che L’Amico dei Musicisti aveva pubblicato nell’agosto del 1915, in un momento storico che vede l’Europa impegnata nella Grande Guerra e l’Italia in procinto di entrare contro l’Impero Austro-ungarico per completare l’unità territoriale iniziata con le lotte risorgimentali. Infatti, parlando delle musiche di Verdi dice:
"….E’ invece nelle sue prime opere che il cuore degli italiani trovò l’espressione delle proprie speranze, del proprio eroismo e delle proprie aspirazioni alla libertà: il Nabucco, i Lombardi, Attila, la Battaglia di Legnano, provano ad esuberanza il caldo patriottismo di Verdi la cui musica, incisivamente ritmica, rendeva lo spirito del tempo, - il pensiero ed azione – come il famoso coro degli esuli dell’Eufrate, nel Nabucco, incarna il memorando; Dio e Popolo ! E’ l’arte santa, luce alle coscienze ormai divinatrici del loro diritto e del loro avvenire.
Vinti – non domi – Piemonte e Roma da una Repubblica fratricida e da un Impero aguzzino, - tacciono i canti patriottici: cessa l’azione di Garibaldi, ma veglia il pensiero di Mazzini; la libera melòde assorge al cielo fatta altrice di speranze e d’amore; e di lassù minaccia i coronati in odio al popolo e a Dio ! Dispersi gli aquiloni che perturbano le dolci prime aure del nostro riscatto, il nome del più acclamato artefice di suoni diventa segnacolo in vessillo, programma, direbbasi, politico (molti lo sanno, moltissimi lo ignorano questo particolare), e una bell’alba legge sui muri delle cento città: W. Verdi. "
E sempre Galli ricorda ancora come:
"Per invito di Mazzini, anche Giuseppe Verdi ornò di suoni un inno militare del Mameli:
<All’armi, all’armi! – ondeggiano
Le insegne gialle e nere;
Fuoco, per Dio, sui barbari,
Sulle vendute schiere.> ecc.
Fatto poco spiegabile; il maestro che dotava il teatro di una musica la più ispirata e la più popolare, non fu così fortunato da creare l’inno della patria!"